Natiche: significati simbolici e Medicina Cinese

A cura di: Carlo Di Stanislao e Maurizio Corradin

Statua

Sul piano etico il culo è più onesto della faccia, non inganna, non è maschera ipocrita
Tinto Brass
Disumano per l’esattezza e la perfezione delle sue proporzioni, il culo è anche molto umano. Mentre la perfezione è, per ciò stesso, inespressiva, il culo è la parte più eloquente del corpo
Massimo Fini


Le natiche sono la regione del corpo umano più soggetta a scher­zi e derisioni. Non solo esse fanno ridere, ma sono fra gli argo­menti prediletti di battute triviali o sconce. Il deretano, il didietro, il culo, le chiappe, il fondoschiena, il sedere: comun­que le si chiami le natiche sono considerate o ridicole o oscene. Persino quando si apprezzano come zona erotica, è più probabile che vengano pizzicate o colpite con pacche che accarezzate. Que­sto atteggiamento negativo sussiste nonostante le natiche siano specifiche ed esclusive della specie umana.

Delle 193 specie di primati viventi solo l’uomo possiede natiche semicircolaci e sporgenti, espressione acquisita quando assumemmo la stazione eretta, cioè quando ci alzammo sulle gambe posteriori. I possen­ti muscoli glutei si svilupparono allora vistosamente permettando al nostro corpo di adottare in permanenza la stazione eretta e modellarono queste due sporgenze emisferiche che, con tanta in­gratitudine, consideriamo disdicevoli o ridicole. In verità è facile immaginare la causa di tanta pertinace prevenzione. Fra le due natiche si nasconde l’ano e inoltre, quando ci pieghiamo in avanti, diventano oscenamente visibili gli organi genitali ed è pertanto impossibile sfuggire da eco e associazioni simultanee e inconscie di escrezione e di sesso.

Ne consegue che l’esibi­zione delle natiche è interpretata o come un’inguria grossolana (un atto simbolico di defecazione sul nemico) o come una volgare oscenità (una presentazione spudorata e innaturale degli organi genitali). L’esibizione delle natiche è resa talvolta più ol­traggiosa dalla frase (presente sia nelle tradizioni latine che nei paesi anglosassoni): “baciami il culo”. Presa alla lettera questa è un insulto poiché (come notava il Gabrielli) presuppo­ne un atto di umiliante e totale subordinazione. Ma c’è molto di più. Benchè sovente nè l’offensore nè l’oltraggiato se ne rendono conto, in questa frase c’è una versione moderna di un’antichissima pratica occulta (descritta mirabilmente da Miche­let ne “La Strega”).

Nell’alto Medio-Evo si ragionò che, se le natiche esposte e arrotondate sono una prerogativa esclusivamen­te umana, esse contraddistinguevano in modo netto l’uomo dalle bestie. Pertanto, si diceva, i mostri delle tenebre dovevano man­care di questo particolare carattere anatomico. Fu così che il diavolo si guadagno’ la durevole fama di essere privo di natiche. Questa mancanza era inoltre ritenuta fonte di grandi angustie per satana, tanto che, per infiammare la sua invidia, bastava mo­strargli le natiche nude. Poiché esse gli ricordavano la sua in­sufficienza, la loro improvvisa esibizione lo costringeva a guar­dare altrove, a distogliere lo sguardo malevolo. Pertanto mostra­re le natiche era ritenuto un gesto scaramantico e protettivo nei confronti del temutissimo “malocchio” e non era ritenuto gesto irriverente o osceno e neanche pratica volgare o dissoluta.

Per­sino Martin Lutero racconta di essere ricorso molte volte a que­sto espediente quando era tormentato da visioni notturne di tipo demoniaco. Antiche fortifiazioni e persino chiese paleocristiane presentano spesso figure umane scolpite che motrano il culo per scacciare gli spiriti nefasti (ne sono splendido esempio il Duomo di Atri e quello di Sulmona in Abruzzo). Si riteneva, quindi, che non avendo delle natiche a livello del deretano il demonio avesse un’altra faccia (si veda a tal proposito la celeberrima raffigu­razione di Durer con il Demonio che è costretto a reggere la Bibbia). Questa seconda faccia è quella che deve essere baciata dalle streghe nei rituali sabbatici e da allora il bacio del culo è considerato (anche se solo inconsciamente) il sudicio atto di un essere sottomesso alle forze del male che vuole affermare que­sta sua totale e deviante sottomissione (a tal proposito sono molto indicative le vignette del celebre Kukriniski realizzate nella Germania nazzista ed intitolate “saluto al sedere di Hit­ler”).

Ma non sempre le natiche hanno avuto valenze culturali ostili o negative. Per gli antichi abitanti della Gregia ( e poi per i romani del periodo imperiale) le natiche erano una parte eccezionalmente bella dell’anatomia umana, in parte a causa della loro piacevole curvatura, ma anche (come ricordano gli storici dell’arte Mazariol e Pignatte) per il forte contrasto col groppo­ne animalesco. Gli emisferi umani erano sono così differenti dalle callosità ischiate degli esseri antropomorfi (scimmie, or­si, ecc.) che i Greci vi indentificarono la differenza essenziale fra uomo e animale. Il prof. Saitz della Columbia University pubblicò un saggio (sul finire degli anni settanta) in cui si dimostrava che la sintesi di questo atteggiamento culturale dell’antica Grecia era focalizzata nel mito della Venere Callipigia (letteralmente “dalle belle natiche”).

Questa dea era rappre­sentatano con natiche molto più vistose e piacevoli di altre espressioni erotiche femminili (un esempio ben conservato è pre­sente al MuseoNazionale Archeologico di Napoli) e considerata così degna di venerazione da dedicare al suo culto interi templi in cui le natiche erano riverite come parte del corpo umano pros­sima alla divinità. La forma delle natiche, com’è noto, contie­ne in sé un potente messaggio erotico. Da sempre gli artisti raffigurano le loro modelle in pose tali da esaltare questo pia­cevole particolare anatomico. Anche le foto artistiche piene di “nudi giacenti”, nascondendo con cura ogni particolare anale o genitale, hanno soffermato l’attenzione verso la piacevole curva­tura pelvica femminile, riducendo la sensualità delle immagini in un ruolo implicito più che esplicito o dichiarato.

Le femmine di molte specie animali hanno callosità ischiatiche vivacemente colorate. I loro quarti posteriori diventano gradualmente più vistosi e più gonfi all’avvicinarsi della ovulazione. Ad un ma­schio basta uno sguardo per sapere quando una femmina è sessual­mente recettiva. La femmina umana è molto diversa. Le sue nati­che non seguono l’andamento del suo ciclo sessuale ma restano prominenti indipendentemente dalla ovulazione. Nel legame di cop­pia della specie umana la femmina ha esteso i suoi periodi di at­tività, rimanendo potenzialmente sempre recitiva alle sollecita­zioni del maschio. Essa si accoppia anche in periodi in cui non può concepire poiché, nell’uomo, la copula ha perduto il suo valore meramente procreativo. Come sistema di gratificazione la copula contribuisce a cementare il legame affettivo fra maschio e femmina ed è pertanto importante che il corpo della femmina pos­sa trasmettere sempre i suoi segnali erotici.

La forma emisfera dei due glutei femminili equivale a una esibizione sessuale per­manente e quindi le natiche assumano valenze differenti da sem­plici ruoli meccanici. In effette le natiche delle donne sono proporzionalmente più grandi di quelle maschili, non perché più muscolose, ma per la presenza di una quantità molto maggiore di grasso. Inoltre le femmine hanno due particolarità meccaniche che contribuiscono alla esibizione erotica posteriore: la capacità di rotare all’indietro il bacino e quella di far oscillare le anche nella deambulazione.

La donna tipica (da non confondersi con quelle atletiche dal corpo mascolinizzato attraverso gli al­lenamenti) ha il dorso più arcuato del maschio, cosa che rende comunque le natiche più sporenti, indipendentemente dalle loo dimenzioni. Quando la donna cammina, per la particolare struttura delle anche e delle gambe, produce un maggiore ondeggiamento del­le natiche. In altri termine, in condizioni normali, la donna camminando ancheggia. Queste tre qualità (maggiore quantità di grasso, sporgenza più accentuata, ancheggiamento deambulatorio) si combinano determinando un potente segnale erotico per il ma­schio attivo. Quindi la femmina non ancheggia deliberatamente ma perché così è la sua anatomia e fisiologia meccanica.

Anche se non fa nulla la sua peculiare strutturazione trasmette segnala­zioni erotiche arcaiche ed irresistibili. Il suo cionto pelvico ampliato, connesso a funzioni procreative e di maternità, allar­ga le natiche anche contro ogni sua volontà. Vi sono una serie di studi recenti che dimostrano come, in occidente, il tentativo di “snaturare” la differenza naticale femminile (natiche piccole, lordosi lombare spianata, andatura non ancheggiante) abbia pro­dotto il proliferare di disturbi osteoarticolari gravi a livello del fondo schiena e delle gambe. Va inoltre segnalato che le an­tiche figure di donne steatopigiche (cioè con natiche molto grandi) hanno dato luogo a numerose, interessanti speculazioni antropologiche. Secondo alcuni ricercatori americani i nostri an­tichi progenitori copulavano “a tergo” come gli altri primati.

Poi quando svilupparono la stazione eretta (homo abilis), col conseguente forte sviluppo dei muscoli glutei, le natiche si svi­lupparono al punto da divenire enormi. Le femmine più sexy adot­tarono il vantaggio di segnalazioni attraverso natiche supersviluppate, ma queste divennero infine così grosse da inficiare o complicare l’atto sessuale che dovevano promuovere. I maschi ri­solsero il problema adottando il coito di fronte. In questa nuova posizione le mammelle finirono per inviare segnali sessuali per­manenti, dividendo, per così dire, tale carico con le natiche, che poterono calare a dimensioni più modeste.

Gli studiosi iden­tificano nel Paleolitico l’era di questa rivoluzione morfologi­ca. In quel periodo lo stile di vita fu dominato dalla caccia e dalla raccolta e fu necessario acquisire strutture fisiche più agili e snelle di quelle boscimane primordiali. Tuttavia l’antica immagine steatopigica primordiale non svanì completamente dall’inconscio dell’uomo, per riemergere, di tanto in tanto, nei modi più imprevisti ed inattesi (esaltazione delle natiche dall’uso del busto in epoca vittoriana, natiche ipersviluppate in statue e dipinti moderni- da Reg Butler ai nostri Fiume e Guttu­so, esibizione delle natiche in spettacoli teatrali di tipo ero­tico o in spogliarelli incentrati interamente su di esse, ecc.).

Un’altra curiosa osservazione è quella che ricollega le natiche femminili al tradizionale simbolo del cuore con la sua profonda rientranza superiore. Come simbolo dell’amore le natiche hanno un ruolo e un senso solo nella specie umana e ribadiscono il loro ruolo esibitorio e di richiamo dell’attenzione erotica maschile. Tuttavia nel più schietto clima sessuale attuale, le donne am­mettono di aver sempre trovato le natiche maschili una zona ero­tica eccitante. La loro preferenza va in genere a natiche sode, piccole e muscolose, poiché in questi caratteri (secondo studi etologici molto rigorosi) si riflettono potenza e vigore virili. In altre parole siffatte natiche promettono una spinta pelvica maggiore o più atletica e duratura durante la copula.

Quanto al­la decorazione delle natiche questa è molto rara in occidente e più attuata nei paesi orientali. Molte geishe hanno natiche ta­tuate onde esibirle in particolari momenti intimi. In particolari contesti esotici una peculiare (e attualissima) maniera di deco­rare le natiche (femminili ma anche maschili) è l’uso di perizo­ma variamente decorati, che si insinuano nella fessura fra le na­tiche, ma anche di indossare jeans attillati in cui emblemi o spille sottolineano, maliziosamente, i caratteri erotici della zona. Infine va ricordato che sculacciare o frustare le natiche (si rilegga Justine o anche la produzione di De Masoch) hanno ca­ratteri erotici molto particolari e con esplicite valenza sadoma­sochistiche (è molto interessante segnalare la presenza-assenza di queste pratiche in tre film chiaramente sadomasochistici di questi ultimi anni: Basic instint, Body of evidence e Boxing He­lena, forse non casualmente statunitensi, quindi culturalmente puritani anche quando esplicitamente provocatori e di rottura). Per la donna masochista le percosse ritmiche sul sedere sono una sorta di versione dolorosa delle valenti spinte pelviche del ma­schio; per l’uomo sadico l’azione di percussione sul sedere è l’equivalente dell’uso simbolico del pene.

Nella tradizione medica e filosofica cinese le natiche sono ana­lizzate in rapporto alla regione lombosacrale, regione definita yao e storicamente in rapporto con il Rene e con la Vescica. Fin dall’epoca degli Han natiche e lombi furono considerati segno della potenza individuale, collegati all’Acqua e capaci di tra­smettere il senso della forza di ogni essere (sia maschile che femminile (si vedano i classici Jin Kui Yao Lue e Wu Zang Feng Han Ji Jui Bing Mai Zheng Bing Zi interamente dedicati ai proble­mi di queste zone). Come scrisse Jean Schatz le natiche sono l’e­spressione esteriore dello spirito Zhi o Tche, spirito che i te­sti di alchimia taoista definiscono: “il cuore per agire, l’in­telligenza chiarificatrice che domina le diverse motivazioni af­fettive”.

E poiché zhi è collegato al rene, sulle natiche si esprime la forza del nostro rene, la nostra forza (femminile o virile), la nostra più autentica istanza libidica, il nostro “voler sopravvire” attraverso le istanze primordiali direttamente o indirettamente collegate alla sessualità. In effetti la pato­logia descritta dai classici per lo zhi è puramente libidica, quindi, per i cinesi è la funzione della zona pelvica nella sua interezza e delle natiche in modo particolare (è noto che le classi aristocratiche, anticamente, promuovessero rapporti omosessuiali fra i loro rampolli e giovanetti più o meno femmi­nei addestrati all’uopo. A tal proposito si veda “Addio mia con­cubina” film di antropologia culturale oltre che sensibile spac­cato di una Cina medioevale ormai interamente perduta).

Pertanto le natiche sono una emaziano dell’Acqua (Yin e Yang), controllate dai meridiani principali e secondari (Luo, Tendino-Muscolari e Distinti) di Rene e Vescica e solo secondariamente (e per quanto riguarda la funzione meccanica) dal meridiano (sopratutto Tendino Muscolare) della Vescica Biliare. Nel valutare, quindi, gli aspetti tipologici della regione glutea dovremo considerare 4 differenti aspetti dell’insieme Acqua: lo Yin (Rene), lo Yang (Vescica), due particolari meridiani straordinari che regolano la posizione eretta della specie umana (Du-Mai e Chong-Mai).

Acqua Yin: Il Rene è il fondamento della forza profonda indivi­duale (lo zhi), di quella forza che sta alla base della vita stessa. In caso di difetto l’individuo sarà indeciso, agitato, senza iniziative, come svuotato, preda di perversioni sia mentali che sessuali. Le sue natiche saranno flaccide, prive di tono, scarsamente espresse, infiltrate (nel sesso femminile) da noduli cellulitici profondi, duri, freddi, molto fibrotici e retratti (cute a coltrone o a materasso). Frequenti desideri libidici ana­li di valenza sadomasochistica.

Acqua Yang: La vescica ha come carica ministeriale il governo dei “territori e delle città” (S.W. 8 e Ling-Shu 5), la funzione di conservare i liquidi organici ed ancora di trasformare il qi. Nel primo caso la vescica si incarica di organizzare il controllo e le connessioni fra le singole parti del corpo, il coordinamento funzionale ed il “dialogo” fra le singole cellule. Nel secondo caso la vescica regolando i liquidi regola, indirettamente, sia l’energia che il sangue. La terza funzione è quella di manife­stare la potenza del qi trasformato, in altre parole di realizza­re tutte le potenzialità individuali attraverso azioni, pensie­ri, realizzazioni, ecc. Inoltre la vescica è anche “la regola”, quindi portatrice di luce profonda, primordiale, ricollegabile alle regole più profonde presenti in ciascuno di noi. Il paziente con vuoto della vescica (o del rene yang) non si sen­te mai al suo posto, non conosce i suoi limiti reali e non li ri­spetta, oppure abbisogna di vedere ogni cosa al suo posto altri­menti diviene ansioso ed inquieto. Spesso è un individuo che ama vantarsi, incapace e presuntuoso, che fa progetti esagerati e che agisce calpestando gli altri (sena preoccuparsi, cioè, di far be­ne o far male). Sopratutto è un individuo che dopo un errore non si corregge e non possiede una vera dirittura morale (è l’amora­le autentico di cui parlava Macchiavelli). I suoi glutei sono so­vente steatopigici (con maggiore asse longitudinale), con infil­trazione adiposa superficiale, calda, flaccida e molto imbibita. Anche la sua sessualità è sregolata, egoistica, inquieta e so­vente angosciante.

Du Mai: Si tratta di individui avidi, mai soddisfatti, conti­nuamente sospinti verso nuovi traguardi o nuove mete. Lo loro è una intelligenza pratica rivolta simultaneamente verso l’osserva­zione e verso la realizzazione. La mancanza di addossamento li porta all’insoddisfazione e all’inquietudine con agitazione estrema sia fisica che mentale. Questa agitazione sovente nuocerà alla concentrazione e alla riflessione e tutto ciò danneggerà mor­talmente questo individuo che si appoggia quasi esclusivamente sulle sue facoltà mentali. Per quanto concerne la relazione con i glutei Li Shizhen ricorda: Du Mai pieno lombi e glutei rigidi, Du Mai vuoto lombi e glutei flaccidi e piegati (da G. Maciocia).
Questa tipologia ricorda il tipo Marte della mitologia classica: essere cerebrale, violento, dominante ed attivo, ma anche super­ficiale e incostante, che spesso perde ogni reale contatto con la realtà.

Chong Mai: meridiano responsabile della strutturazione iniziale di ogni essere (Schatz) ma anche della stazione eretta (con rela­zioni strette lombosacrali e col muscolo psoas iliaco discreti da Sciarretta e coll. nel 1985). Si tratta di soggetti male orga­nizzati in sè stessi sia sul piano materiale, che psichico che spirituale. Hanno una tendenza alla spiccata curiosità che pero’ è inficiata da una incapacità a mutare le idee e ad adattarsi alle situazioni. I loro glutei sono steatopigici, la loro cellu­lite è a “pantaloni di cavallerizzo”.

Letture consigliate
Catemario A.: Linee di antropologia culturale, Ed. Cangemi, Palermo, 1992.
Di Stanislao C., Corradin M., De Berardinis D.: Visceri e Meridiani Curiosi, Ed. CEA, Milano, 2013.
Di Stanislao C.: Le Metafore del corpo: dal simbolo alla terapia. Percorsi integrati di medicina naturale, Ed. CEA, Milano, 2004.
De Souzenelle A.: Il simbolismo del corpo, Ed. Servitium, Milano, 2005.
Lauro G., Castiello G., Iommelli O.: Adiposità localizzata e cellulite: inquadramento secondo la Medicina Tradizionale Cinese (MTC) (https://agopuntura.org/webhtml/html/mandorla/rivista/numeri/Marzo_2000/adipe.htm).