Analogie e differenze nei concetti di salute e malattia fra medicina scientifica e medicina tradizionale cinese

Autore: Carlo Di Stanislao

MTC e Medicina occidentale

L’uomo supera l’animale con la parola;
ma con il silenzio supera se stesso

P. Masson

Che gli dei rubino pure tutti i miei sogni
ma non tocchino la mia capacità di sognare

F. Pessoa


Riassunto: Solo da una trentina d’anni la medicina scientifica ha assunto valori nettamente diversi da quelli dei modelli tradizionali. La nascita del metodo statistico e quindi del concetto di normalità, ho prodotto un ampio scollamento fra biomedicina e medicine tradizionali nella definizione stessa di salute e di malattia. Tuttavia, a ben vedere, poiché ancora esistono frange di individualismo e avvertiti esponenti di culture mediche ancora umanistiche e umanizzate, sarà senz’altro possibile prevedere, per il futuro, integrazioni e crescite in grado di giovare ad una migliore comprensione dei singoli pazienti.

Per quanto i concetti di salute e di malattia(1) possano sembrare intuitivi a molti, l’analisi storica dei loro significati e contenuti, dimostra che una definizione scientificamente valida o soddisfacente non è per nulla semplice(2). Tutti gli esseri viventi conoscono, nel corso della loro vita, l’esperienza della malattia che è stata definita molto saggiamente “un esperienza universale”, ma, col variare della storia, il pensiero medico ha subito ampie modificazione non soltanto semantiche o lessicologiche sulla definizione di malattia e, per converso, su quello di salute. Potremmo definire la salute un equilibrio fra uomo e ambiente e in questa definizione trovare un aggancio comune fra modello scientifico(3) e modelli tradizionali(4).

Quindi l’intera esistenza oscilla attraverso un elemento dinamico d’equilibrio uomo → ambiente che, se rotto, porta inevitabilmente dal benessere alla patologia(5). Se ci riferiamo agli elementi-base del pensiero medico occidentale (ovvero scientifico)(6) e di quello che informa la medicina orientale(7) (come espressone storicamente più eminente delle Medicine non Convenzionali-MNC-) non troviamo grandi differenze. Per entrambi i metodi tutti gli organismi viventi che si ritrovano in un certo ambiente sono esposti ad innumerevoli influenze di ordine fisico, chimico e biologico. Per questo motivo le strutture e le funzioni si modificano incessantemente lungo l’arco della vita e, come proprietà prioritaria degli esseri viventi, si registra un adattamento funzionale alle influenze esterne garantita da sistemi, più o meno complessi, di “autocontrollo” e di “omeostasi”(8)(9)(10).

Ovviamente le possibilità d’adattamento (e quindi di conservazione della salute) degli esseri viventi non sono inesauribili e, di là da certi limiti, l’organismo non può modificare l’intensità delle proprie funzioni e tende o a rimanere nello stato di massima prestazione o a regredire da questo e a modificare, in modo progressivo, il proprio ambiente interno. In questo modo sia per la medicina scientifica che per le medicine tradizionali, lo stato di salute deriva da un equilibrio ideale, equilibrio molto plastico ed instabile, con oscillazioni incessanti attorno ad un valore basale(11)(12)(13).

Tuttavia, negli ultimi trenta anni, l’affermarsi, nel mondo scientifico e sperimentale, del determinismo statistico (nel tentativo di identificare i valori normali e patologici di una qualsiasi variabile inserita in curve gaussiane), al termine di salute si è, di fatto, sostituito il termine di “normalità” e a quello di malattia quello di “anormalità”, il che, pur valido sotto il profilo matematico, induce a considerazioni molto ampie, critiche e con numerose riserve. Passata da assunti biologici a contenuti statistici la medicina scientifica, dagli anni sessanta-settanta, ha sostituito alla definizione di salute quello, più agevole di “stato normale”, creato, in definitiva, attraverso un’analisi matematica dell’intensità dei fenomeni(14)(15).

Secondo questo ormai diffuso modo di vedere l’idea di malattia deriva da uno spostamento di un carattere da un valore di normalità individuato statisticamente, ad un valore diverso che, lungi dall’implicare una perturbazione d’equilibrio ideale o desiderabile per l’individuo, finisce per costituire l’unico parametro di riferimento del biologo e del clinico. Pertanto l’unico problema (o comunque il problema preminente) della moderna biomedicina sembra essere quello della corretta identificazione dei valori normali di riferimento, tralasciando argomenti di natura assiologica che riguardano la medicina come scienza naturale e non come scienza esatta. Da quanto sopra argomentato si può facilmente arguire che l’attuale medicina giudica salute e malattia in termini numerici e statistici e, dimenticando il problema dell’individualità, non giudica più l’adattamento dinamico e progressivo fra uomo ed ambiente, ma semplicemente di quanto un valore (chimico o morfologico) si discosti dal suo indice ideale nella popolazione generale.

Diverso è stato, invece, l’iter storico, delle medicine tradizionali o “sacre”: le più antiche forme guaritorie di tipo magico-apotropaico, giunte intatte sino ai nostri giorni ed ancora applicate su oltre 13 della popolazione terrestre. Quando usiamo l’aggettivo “sacro” per definire queste medicine, non intendiamo contenuti di natura religiosa, ma una costante ricerca d’armonia fra microcosmo e macrocosmo, interiorità ed esteriorità, fra l’individuale ed il collettivo (sacer in latino indica il grado d’equilibrio raggiunto fra gli opposti). Gli scopi della ricerca “sacra” o “tradizionale” sono quelli relativi alla comprensione dell’Uomo e dell’Universo, attraverso un’analisi millenaria degli elementi che condizionano il divenire umano ed i fenomeni naturali, secondo l’assioma antico tian ren he jie (“l’uomo ed il cielo rispondono alle stesse leggi”).

Prima ancora che olistiche queste medicine sono ecologiche e sviluppano un programma ben definito che porti l’uomo ad imparare a vivere nel proprio ambiente, nel proprio villaggio, nella propria città (“οικοσ” in greco vuol dire “casa”, “abitazione”)(16). Certo anche la medicina scientifica si è posto il problema dell’individualità e già Sigerist, nel 1947, aveva affermato “che le malattie non esistono, ma esistono individui malatixvii”.Tuttavia, nella sostanza, l’attuale medicina fatta di “trend” ed “algoritmi”, di fatto respinge quest’assioma di origine ipprocratica, ignorando che esistono fattori predisponenti e costituzione che, in misura diversa, possono interpretare l’adattamento all’ambiente ed il binomio dinamico fra salute e malattia.

Ancora all’inizio degli anni settanta alcuni clinici, memori della lezione costituzionalista di Achille De Giovanni e Giacomo Viola, sostenevano una medicina “individualistica”xviii, mentre oggi non tanto e non solo i sintomi ed i segni, ma piuttosto il comportamento dei “valori” ha assunto un carattere assoluto e preminente. Nella pratica, pertanto, la moderna medicina sembra essere distante dal concetto di salute espresso dall’OMS solo 23 anni fa: “stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non soltanto assenza di malattia o di infermità”.

Oggi la contrapposizione fra salute e malattia non sembra più essere giocata sulla percezione individuale, ma valutata in ragione di dati strumentali ed ematochimici che non tengono in nessun conto le psicodinamiche individuali, né nella debita considerazione che la scala fra normalità ed anormalità e molto grande e con infinite gradazioni individualixix. Il problema, in verità, non è di poco conto, né soltanto di’importanza semantica o marginale. Anche al di fuori della stretta sfera scientifica, sotto il profilo del diritto, poiché “ogni cittadino è garantito nella tutela della salute” (Art. 32 della Costituzione), la definizione di questo stato assume valore di gran rilevanza etica, giurisprudenziale e generale.

Nella tradizione comune a tutti i popoli, la salute s’identifica con uno stato escatologico di benessere, una garanzia di forza vitale per se stessi e per l’intera comunità. Nel mondo greco e romano la Salute s’identifica con la Fortuna e con le figure “mediche-salvatiche” d’Igea e d’Asclepio. Attualmente sembra ai medici più avvertiti e sensibili, che l’idea di salute e di malattia si stia concentrando su valori asimmetrici, presi come buoni ma che non sempre possono assumere il significato di misuratori di un certo grado d’equilibrio o squilibrio.

Dal concetto di “milieu interieur” di C. Bernard all’omeostasi di Canon, sino alla “teoria dei sistemi” di Houk, gli elementi generali di giudizio possono valere solo a livello teorico e mai o quasi mai essere rapportati a singole realtà(20)(21)(22)(23). L’errore che oggi si commette, secondo alcuni, è lo stesso che la fisica commise nel secolo scorso(24). Da un universo statico, deterministico, compiutamente prevedibile e conoscibile, attraverso la rivoluzione quantistica e la cosmologia, si è passati ad intravedere una natura in continua, tumultuosa evoluzione, conoscibile solo parzialmente ed entro ampi margini d’incertezza.

C’è un’arroganza di fondo nella scienza medica attuale che crede, in diversi campi, di aver scoperto verità universali, omogenee e definitive, mentre la rottura epistemologica di Heisenberg e la dimostrazione che “natura fecit saltus”, ci dovrebbe ricondurre ad una centralità dell’uomo che ci appare piuttosto dimenticata. Una recente ricerca statunitense(25) che ha coinvolto circa 600 utenti, ha permesso di delineare alcune caratteristiche generali relative alla tipologia dei pazienti che si rivolgono ale MNC, delle patologie e dei risultati conseguiti, nel mondo occidentale. L’89% dei pazienti è di classe media, d’età compresa fra i 30 e i 50 anni, laureata e d’origine europea.

Nel 63% dei casi ci si rivolge all’agopuntura per patologie non algiche od osteo-articolari (epatite, diabete, ansia-depressione, insonnia, infezione HIV, infertilità, ecc.). Nel 91.5% dei casi i sintomi sono giudicati scomparsi o ridotti a fine trattamento e soltanto nello 0.7% del totale si denuncia, a fine terapia, un aggravamento. Risultati analoghi erano stati raccolti relativamente al periodo 1990-1997, in una ricerca che aveva coinvolto oltre 20.500 pazienti ed alcune centinaia di medici di basexxvi. Per i dati italiani vi è maggiore incertezza. Una ricerca dell’ISTAT condotta su 20.571 famiglie ci afferma che il 3% circa della popolazione nazionale fa ricorso all’agopuntura, contro il 3,8% per la fitoterapia e il 4,6% per l’omeopatia.

Inoltre nel 1999 l’Istituto Superiore di Sanità ha varato (con finanziamenti erogati dal Ministero della Sanità) un progetto sulle MNC, che ha, come obbiettivi dichiarati, la verifica della richiesta, la descrizione dell’offerta, il controllo della qualità delle prestazioni erogate ed i rapporti costo/beneficio. Il responsabile del programma, prof. Roberto Raschetti, ha recentemente dichiarato che occorre, senza pregiudizi, mettere a disposizione tutte le terapie di provata efficacia, siano esse convenzionali che non convenzionali(27). Sebbene alcuni ancora oggi dichiarino che la “Evidence Based Medicine” rischia di fornire un approccio epistemiologicamente ingenuo e di far perdere di vista l’obiettivo filosofico di arrivare a una vera conoscenza e inoltre, poiché agopuntura, omeopatia e fitoterapia tradizionale, presentano concetti e linguaggi che non hanno nulla in comune con quelli scientifici, è difficile immaginare un comune punto d’incontro o d’integrazione e una futura verifica sperimentale.

Secondo questi studiosi sono gli stessi presupposti teorici a rendere impossibile un’integrazione fra scientismo ed empirismo, visione biologico-statistica ed empirismo individualista. Tuttavia costoro dimenticano che l’assunto principale dell’epistemologia è, in primo luogo, capire se qualcosa funziona e solo in un secondo tempo chiedersi perché funziona. Pochissimi sono i lavori che misurano l’efficacia dell’agopuntura differenziadola rispetto al placebo oppure rispetto ad un altra tecnica controllata ed un protocollo rigidamente predefiniti. Tuttavia le casistiche cliniche prodotte (aneddotiche o aperte e sequenzali) hanno fornito risultati tali da indicare che la maggior parte dei soggetti risponde all’agopuntura e solo una minoranza di essi può definirsi non responsiva.

Un altro problema riguarda i meccanismi d’azione che, parzialmente riconosciuti, non sono del tutto noti. Le risposte biologiche verificate sugli animali e sull’uomo si suddividono in locali e a distanze e sono mediate dall’attivazione del sistema nervoso sensitivo con effetti segmentari ed extrasegmentari che interessano vari livelli del sistema nervoso centrale e di quello autonomico attraverso variazioni degli oppioidi endogeni nel midollo spinale e lungo tutto l’asse encefalico fino alla neocortex.

Sono inoltre emerse azioni a livello sia ipotalamico che iposifario e sulla modulazione secretiva di neuro-ormoni e neurotrasmettitori, nonché variazioni del flusso ematico sia centrale che periferico. Esistono anche studi recenti su variazioni del sistema immunitario con azione sia immunomodulanti che immustimolanti, le quali possono giustificare alcune fra le indicazioni classiche dell’agopuntura. Il National Institute of Health ha sostenuto che “i dati a sostegno dell’agopuntura sono in realtà solidi quanto quelli esistenti per altre terapie mediche occidentali largamente accettate“, con un minor numero d’effetti collaterali e con procedure tecniche che sono ben tollerate dal paziente.

Un esempio è offerto dalla patologia muscoloscheletrica (fibromialgia, sindromi miofasciali, epicondiliti, ecc.) in cui l’agopuntura si è rivelata efficace quanto i FANS e gli steroidi iniettivi locali, ma con un numero infinitamente minore d’effetti collaterali. Vi sono inoltre ampie e documentate segnalazioni sull’efficacia dell’agopuntura in corso di vomito post-chemioterapico e nel recupero funzionale di soggetti con ictus, mentre ragionevoli incertezze persistono in altri compi come, ad esempio, quello della desuassefazione al fumo, all’alcool o in altre tossicodipendenze(28).

Anche se molti problemi restano ancora aperti, riteniamo che l’agopuntura e la Medicina Tradizionale Cinese (MTC) offrono oggi un opzione molto importante al mondo medico moderno: la possibilità di rivedere globalmente il ruolo del medico e del malato e di rendere meno tecnica questa complessa relazione(29)(30). Soprattutto crediamo che la MTC e la biomedicina possono cooperare in senso diagnostico e terapeutico, ma anche culturale, poiché, come recentemente sottolineato, il mondo scientifico permetterà di comprendere i meccanismi di base descritti dalla MTC e questa di restituire spessore umanistico a una medicina tecnocratica e forse troppo distante dai reali e primari bisogni dell’uomo(31)(32).

La consapevolezza del passato, la riflessione sui percorsi anche ascientifici condotti attraverso i secoli da culture e civiltà diverse, una padronanza metodologica dei contenuti concettuali e degli strumenti conoscitivi scientifici e tradizionali, sono valori irrinunciabili, ieri ed oggi, per un corretto approccio allo studio dell’uomo e della sua sofferenza(33)(34). Il prof. Pensa, grande esponente della scuola medica cisalpina, ha compendiando settanta anni di vita universitaria(35) affermando che “la medicina si arricchisce ogni giorno di conoscenze e di nuove capacità curative; tuttavia, il suo esercizio, dimostra nei fatti che il suo ruolo non può semplicemente coincidere con la scienza, perché, oggi come ieri, essa non è solamente scienza ma studio applicato dell’umanità”.

Ciò che noi cultori di agopuntura e di MTC vogliamo operare è un tentativo di guardare al presente con occhi diversi. La disciplina che applichiamo non solo contiene principi storicamente interessanti, ma consente, se applicata in modo critico e misurato, elementi di grande originalità che molto l’accomunano con gli indirizzi individualistici che la scienza medica attuale dovrebbe saper percorrere. Riscoprire e difendere antiche culture significa non ancorarsi al passato, ma percepire il presente con occhi e sensibilità più ampie, più profonde e diverse. Non più norma o regola, ma norme e regole individuali: una differenza sostanziale e di non trascurabile importanza. L’ultimo grande filosofo della medicina, Mirko Drazen Grmek, scomparso nel 6 marzo del 2000, ci ha lasciato un messaggio esemplare: per capire l’uomo e la sua sofferenza bisogna coglierne l’individualità che deriva, invariabilmente, dal contesto socio-culturale, storico e geografico in cui si sviluppa(36).

La sintensi del percorso storico-medico condotto da Grmek all’interno della civiltà occidentale e racchiuso nel concetto di “patocenosi”, ben si adatta ai contenuti filosofici che ispirano la MTC: le malattie derivano da squilibri interagenti in modo non casuale ed irripetibile all’interno di ben precisi contesti sociali ed ambientali e, pertanto, l’esistenza dell’uomo è un equilibrio delicato e precario fra micro e macroambiente, realtà individuale e contesti ambientali(37). Solo se comprenderemo che la cultura non è solo appannaggio degli umanisti e che cultura e scienza debbono procedere assieme, solo se sapremo approfittare di tecnica e bagagli culturali del passato, saremo davvero in grado di operare nella direzione più adeguata per alleviare le sofferenze dell’uomo malato(38)(39). Solo se il medico saprà ricordarsi di questi valori “umanistici” e “culturali”, saprà fornire, come in passato, contributi alla conoscenza del mondo naturale e dell’ordine sociale.

Sebbene si argomenti che le MNC e soprattutto la MTC sono supportate da poco solide e fruste argomentazioni di ordine medico e metodologico, rileggere attentamente i grandi del pensiero medico scientifico (Naegel, Popper, Greunbaum), ci conferma che oltre a realtà fisico-biologiche, vi sono realtà “umane” che solo la tradizione è in grado di mettere in evidenza, sottolineare ed argomentare. L’idea di netta dicotomia fra normale-anormale, sano-malato, ha prodotto una medicina da “supermarket” che ha generato alcuni esiziali pericoli: la fuga nella guarigione, il rifiuto del fatto suggestivo come atto medico intrinseco e voluto(40). Speriamo, con un’attenzione diversa, di superare i limiti viziosi e senza uscita imposti dal metodo scientifico(41), per accedere a una visione e una cultura più ampia e umanizzata dell’arte medica intesa ben oltre il presupposto rigido di scienza.

Indirizzo per chiarimenti
Email: c.distanislao@agopuntura.org

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