Agopuntura e terapia topica con silicone e vitamina E in corso di vasto cheloide postchirurgico

Autore: Carlo Di Stanislao.

cheloide

Dalla disamina dei contributi della letteratura circa il trattamento dei cheloidi, si può evincere che il progresso terapeutico non ha ottenuto ancora risultati decisamente validi e duraturi…
B. Palmieri, L. Benati, G. Gozzi, Chirurgia Triveneta, 1994.

… e segrete sillabe nutro
fra gente petrosa ai sogni…

S. Quasimodo, Vento a Tindari, 1959.

GENERALITÀ SUI CHELOIDI
Le cicatrici ipertrofiche e i cheloidi esprimono una abnorme risposta della cute in fase di cicatrizzazione. Tali condizioni hanno una base genetica e/o sono espressione riparativa esasperata e patologica di eventi traumatici altamente lesivi (ustioni, lesioni tessutali complesse e contaminate ecc.). Sotto il profilo morfologico i cheloidi si presentano come placche rilevate e ben demarcate, di forma irregolare (come “chele di un granchio”), più o meno estese, di colore inizialmente rosso e successivamente biancastro, di consistenza dura e fibrosa. I neri e gli asiatici sono più colpiti dei bianchi (forse per una maggiore ricchezza di melanociti e una maggiore esposizione solare) e alcune aree sembrano esenti (palmo delle mani, piante dei piedi) da tali patologie, anche in soggetti predisposti. Le zone più colpite sono: il collo, le spalle e le aree deltoidee (sede di evoluzione cheloidena post-vaccinale). Alcune forme sono dolenti (per imbrigliamento del tessuto nervoso locale), altre retranti e limitanti i movimenti (di un arto, del collo ecc.). Le parestesie e i bruciori, anche persistenti, sono sintomi comuni. L’alcolismo e la tubercolosi sembrano essere fattori favorenti. 

Una nostra osservazione sembra denotare una maggiore predisposizione alle cicatrici esuberanti e cheloidee in pazienti allergici, anche dopo traumi minimi (punch da 3 mm). In effetti in 5 pazienti allergici (su un totale di 30, con percentuale del 16.6%), sottoposti a indagini bioptiche per immunoistochimica, sono comparse cicatrici cheloidee persistenti (e refrattarie ai topici steroidei). Istologicamente si osserva una esaltata attività fibroblastica con assemblaggio di fasci grossolani e disordinati di fibre collagene. Sotto il profilo enzimatico si assiste ad un incremento dell’attività sia delle collagenasi che delle prolin-idrossilasi (che aumenta fino a 20 volte rispetto al tessuto normale). Il collagene presente nel cheloide (tipo I-III) è diverso dal collagene normale e alcuni studi immunologici dimostrano incremento circolante di IgM, IgA, IgG e fattore C3 del complemento. Lo studio del sistema maggiore di istocompatibilità non ha fatto emergere alcun dato importante, tanto che oggi si avvalora più l’ipotesi di una anomala risposta tessutale locale (fattori immunodisergici?, ematoporfirine? melanina? autoimmunità?) che generale. Alcuni studi evidenziano uno stato patologico post-truamatico ipossico-ipercapnico locale, che porterebbe a una anarchica neoangiogenesi e, conseguenzialmente, alla esuberanza fibroblastica finale. Poiché siamo di fronte ad una predisposizione locale (e/o generale) e ad un’imperfetta conoscenza patogenetica, le terapie hanno un elevato indice di insuccesso.

Come terapie mediche sono stati impiegati (come topici o per via intralesionale) vari presidi terapeutici: cortisonici fluorurati (sopratutto 9-fluorati che inibiscono le collagenasi e debbono essere usati precocemente), tocoferoli (che sviluppano specifiche interazione con il connettivo), colchicina (dal Colchicium autunnalis, che inibisce la retrazione cicatriziale bloccando la replicazione fibroblastica in metafase), asiaticoside (dalla Centella asiatica, che normalizza il turnver fibrillare), orgoteina (che blocca la superossidodsmutasi), antiblastici come bleomicina e vinblastina (poco maneggevoli), derivati dell’ossido di zinco (in compressione come colle zincate), acido retinoico (che normalizza il ricambio collagenico inibendo la replicazione del DNA fibroblastico), interferone gamma e citochine (che tuttavia sono costosi e non privi di effetti sistemici anche di un certo peso).

Fra le terapie fisiche variamente esaltate sono: la pressoterapia (con presidi elasto-compressivi che esercitino pressioni superiori a quella capillare pari a 24 mm di Hg e che non possono impiegarsi in alcune sedi come ad esempio il collo), la crioterapia (con protossido d’azoto o azoto liquido su cicatrici non estese e in mani esperte), la radioterapia (con dosaggi singoli di 600 rads al giorno per tre giorni, che tuttavia produce teleangectasie, atrofie, induratio, pigmentazione e possibile carcinogenesi), silicone (in forma gelificata in reti di polietilene, inserito in terapia da Perkins nel 1982, in grado di modulare il rilascio di fattori locali di crescita in modo da ottimizzare la risposta cicatriziale).
Gli ultrasuoni hanno più un valore teorico che pratico. Curiosamente la terapia chirurgica (escissionale o intralesionale, molto spesso a “shawing”) è quella più rischiosa, potendo determinare recidive ancora più gravi e invalidanti. Alcuni chirurghi plastici suggeriscono di infiltrare prima, durante e dopo l’intervento e per tre giorni, l’area colpita con triamcinolone ritardo. I tentativi chirurgici alternativi (laser, elettrobisturi) hanno dato risultati incerti.

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MEDICINA CINESE
La riparazione tessutale è funzione della “weiqi”. Tale energia (di tipo yang, extrameridianica, rapida, che circola sulla superficie del corpo di giorno e in profondità di notte, regola la temperatura corporea, l’apertura e la chiusura dei pori, la secrezione sebacea) è prodotta (Ling-shu cap. 30) dal Tr-inferiore (“xiaojiao”) e distribuita dal Polmone (Fei). Assimilata da alcuni (Hawawini, Maciocia, Ross) allo yang del Rene (nel “Classico dei polsi del 1770” l’autore la definisce “dea della difesa” e la ascrive al polso tibiale posteriore e allo yang e al qi del Rene) è in relazione con la Zhenqi, energia corretta dicotomizzabile in “nutritiva” (yong, rong, ying) e “di­fensiva” (wei, oè) e quindi dipendente, anche, dal TR-medio in quanto sede di formazione del “jing acquisito” (si veda il “Pi Wei Lun”).

Quindi le turbe cicatriziali possono essere:
A) Da Primitiva turba della Weiqi:
– a1) non prodotta dal rene;
– a2) non distribuita dal polmone.
B) Da Turba della Zhenqi:
– b1): deficit alimentari
– b2) turba funzionale del Tr-medio.

Dopo gli studi di Kespì, Eysselet, Maciocia siamo d’accordo con Giullaume (e Andres) che indicano come punti particolarmente attivi sulla weiqi i seguenti:
– K 4 dazhong: attivo sul qi del rene e sul TR-inferiore.
– K 7 fuliu: agisce sul jing, sui liquidi ma anche, in moxa, sullo yang renale.
– CV 5 shimen: sede d’azione sui “tre fuochi” e sopratutto sul TR-inferiore.
– CV 11 jianli : azione di separazione del “puro/impuro” a livello dell’intestino tenue; agisce sul jing acquisito di origine alimentare.
– CV 12 zhongwan : azione sul TR-medio, sullo stomaco e sulla milza/pancreas, quindi sulla parte acquisita della zhengqi.
– CV 13 shangwan : simile all’11 CV; agisce sullo funzione “tri” dello stomaco.
NB: secondo Leung kwok-Po e Chen Kai An questi tre punti agiscono sui tre livelli (superiore, medio ed inferiore) dello stomaco (wei) e sulla estrazione alimentare del jing.
– Lu 2 yumen: favorisce la distribuzione in periferia della weiqi da parte del polmone.
– LI 18 futu: permette alla weiqi di distribuirsi in superficie (pelle e mucose).
– S 14 kufang: azione di asorbimento attraverso pelle e mucose; a destra azione psichica, a sinistra (Wehie, R. De La Fuye) corrisponde ad Arnica (rimedio omeopatico della riparazione per eccellenza).
Questi punti sono considerati attivi nei processi riparativi cutanei anche da altri AA francesi come Lepron e Lebarbier (vedi bibliografia).

Altri punti interessanti sono:
– UB 62 shenmen: punto d’origine e chiave dello Yangqiaomai; regolarizza la circolazione di tutto lo yang (anche della weiqi) a livello superficiale e nel tempo. Nelle sciatalgie post-chirurgiche da cicatrizzazione anomala gli studi di Sciarretta dimostrano un’azione favorevole della combinazione fra questo punto e GV 3 e GB 35 (ed eventualmente UB 25 e 59).
– Lu 7 lieque: azione sul polmone (esteriorizzazione del qi) e sulla pelle; agisce anche (secondo l’AFA) sul TR-medio (rinforzando il CV 12).
– Lu 9 taiyuan: punto di distribuzione dei liquidi (scaldati e purificati dal polmone) a livello della pelle. L’azione è rinforzata dal punto K 26.
– UB 23 shenshu: shu del dorso del rene, punto ad azione sulle espressioni yang renali.
– UB 13 feishu: shu del dorso del pomone, agisce sulle espressioni yang del polmone.
Gli AA cinesi moderni lo considerano (assieme ai punti LI11, UB 43, 25 e 40) un punto dermatologico per eccelenza.

Alcuni antichi testi cinesi (come notato da Maciocia) rilevano che la weiqi, una volta prodotta dal rene, sale lungo la branca interna della vescica e, dai punto “beishu”, sbarca all’organo corrispondente. L’impiego in moxa di tali punti esalta questa funzione. Invece altri AA (Ngueyn Vanghi, Kespi’, Sciarretta, De Berardinis) affermano che la weiqi entra in profondità dal punto S 12 e dai punti di origne (punti he) dei meridiani distinti (jingbie). A parte alcune osservazioni di AA dell’OEDA (revue l’Acupuncture, vedi bibliografia) non conosciamo altre segnalazioni sulla riparazione delle ferite, i cheloidi e la weiqi in letteratura. È in corso di pubblicazione sulla Rivista italiana di Agopuntura e Neuroreflessoterapia un nostro lavoro che riguarda la riparazione di ulcere trofiche con fitostimoline e punti attivi sulla weiqi (K7, Lu2, LI18). I medici cinesi tradizionali chiamano l’affezione Ba Hen Ge Da e la inseriscono, spesso, fra le forme tumorali.
Due topici vengono comunemente usati:
– Hei Ba Gao che contiene un prodotto animale: la Scolopendra
– Ku Shen Zi Gao: a base di Sophora flavescentis semen in vaselina.

CASO CLINICO
Maria D.G. di anni 64, coniugata e madre di due figli. Nell’anamnesi patologica remota tubercolosi polmonare tisiogena trattata con streptomicina e isioniazide. Normale riparazione delle ferite traumatiche e chirurgiche (isterectomia semplice con incisione sovrapubica). Non patologie croniche, nè abituale assunzione di farmaci. La paziente non ha mai fumato e consuma, dall’età adulta, mezzo litro di vino ai pasti. Non fa uso di superalcolici.
Sottoposta nell’agosto del 1996 ad intervento toracolaparotomico per ascesso subfrenico destro (l’esame del liquido di drenaggio ha mostrato ph alcalino e presenza di Staphylococcus aureus, Streptococcus alfa-emolitico, Serrattia marcescens, Escherichia coli e negatività per bacilli alcool-acido resistenti). Gli esami ematochimici prima dell’intervento hanno evidenziato: Ves elevata (I.K. di 78), leucocitosi neutrofila (19.000 bianchi con l’80% di neutrofili), aumento della PCR e dell’alfa1glicoproteina, leucociti e cilindri ialini nell’urina. La diagnosi è stata posta con radiografia in bianco dell’addome e successiva scansione TAC senza mezzo di contrasto. è stata eseguita terapia post-chirurgica con cefotazzina 4 g die e gentamicina 240 mg die in due dosi refratte per infusione venosa lenta in fisiologica. Il tubo di drenaggio è stato rimosso in terza giornata. Il decorso postoperatorio si è svolto senza complicanze. I piani ipodermico e dermico sono stati suturati separatamente con punti staccati, di “catgut” il primo e con filo cromato il secondo.
Dopo rimozione del tubo di drenaggio la breccia è stata chiusa con “clips” metalliche.
Dopo 10 giorni dalla dimissione (20 giorni dopo l’intervento) si richiede consulenza dermatologica per cicatriche toracoaddominale esuberante, parestesica e dolente.
L’esame obiettivo mostra cicatrice chelidea rossa, dura, infiltrata, lunga circa 20 cm, indovata fra la decima costola e l’ipocondrio destro. La cute e retratta e la lesione appare dolente e dolorabile.
Si consiglia terapia topica con pomata idratante all’ossido di zinco da alternare a cortisonico fluorurato (clobetasolo allo 0.1%) ed infiltrazione con triamcinolone ritardo 1 fiala da ripetere dopo 4 giorni. Per bocca si somministra estratto intero di Centella asiatica 40 mg per 2 volte al di’.
Dopo dieci giorni di tale terapia, la placca cicatriziale appare stabile, parestetica e molto dolente, con noduli da concrezione cristallina infiltrativa lungo il suo decorso.
Proponiamo alla paziente una terapia alternativa: agopuntura 3 volte la settimana e Sifravit lamina per uso locale.
Il Sifravit (marchio della Società Italiana Farmaceutica Ravizza) è un silicone laminare (fogli di poli-dimetil-silossano cross-lincati) contenente vitamina E (alfatocoferolo acetato) adsorbita in forma attiva. Gli studi di Perkins (1982) e Quinn (1985-1987) dimostrano che il polimero siliconato e la vitamina E interferiscono col rimodellamento collagenico e migliorano il risultato clinico ed estetico delle cicatrici. La lamina deve essere applicata 12 ore al giorno (poi di nuovo lavata) nella prima settimana e poi, continuativamente, per 24 ore. Il lavaggio ripolimerizza il silicone e rende la cessione di vitamina E più efficace. La lamina veniva applicata dopo detersione della parte con acqua e sapone, su cuta perfettamente asciutta, con strati modicamente compressivi di garza sterile.

Come punti di agopuntura abbiamo selezionato:
– Lu 2, LI18, K7 (azione globale sulla weiqi).
– Sp 6 (sanyinjiao) che “apre i meridiani principali ed i collaterali” e quindi può combattere il dolore parestesico da blocco “qixue”.
– Due aghi locali (alle estremità toracica ed addominale della cicatrice) in transfissante, per incrementare la disostruzione di “energia e sangue”.
Il trattamento è sempre stato ambulatoriale.

Dopo 2 settimane il cheloide ha iniziato una lenta regressione, mentre già dopo 7/8 giorni si erano ridotti parestesie, dolore e dolorabilità. Dopo 30 giorni la massa era meno dura, adesa e infiltrata e la cute perilesionale completamente aflegmasica.
Dopo 2 mesi di terapia l’area mostrava normale cicatrice lineare, non infiltrata, con normale sensibilità, non dolente e solo modicamente dolorabile.

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